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Il cullar dell’infante

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Culla, culla l'infante assonnato
sotto quell'olmo.
tra le spighe di un prato,


veglia i suoi fragili sogni
sorretti dallo sbatter d'ali
di un volo di cigni,

di questa ninna nanna
non rimarrà che un vago
ricordo degli occhi di mamma.

In quel silenzio sottile
accarezzato dolcemente
dal bisbigliar di parole

per chi ancor non si desta
allo sguardo di un mondo
che di se si rattrista.

Dormi mio piccolo figlio,
nell'innocente vegliare
che svegliar io non voglio,

per quel sonno che é puro
come il sentimento che
limpido creo il tuo respiro,

che rimase celato
dalle nebbie blasfeme in cui
si nascose il peccato.

Dimentica che domani sarai
suddito del tempo
che non lo ammetterà mai,

e illudi il vago passato
che è bramoso d'avere
ciò che avrai vissuto,

perchè esso sarà sovrano
mentre scriverà
il tuo complice destino.

Continua a sonnecchiare ancora
tra le braccia mie
mentre l'amor ti sfiora.


Andrea Palermo ©
 

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